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Un’Europa senza frontiere per i professionisti: la strada è in discesa

Un’Europa senza frontiere per i professionisti: la strada è in discesa

 

Il Consiglio europeo, lo scorso 15 giugno, ha adottato una direttiva che impone agli Stati membri dell'Ue di effettuare un test di proporzionalità prima di stabilire nuovi requisiti per le professioni.

 

La direttiva, adottata senza discussione in una riunione del Consiglio Occupazione, politica sociale, salute e consumatori, ha l’obiettivo di migliorare la trasparenza della regolamentazione di determinate professioni negli Stati membri. Essa garantirà che le misure nazionali siano proporzionate e che non limitino indebitamente l'accesso ad attività professionali o creino oneri ingiustificati nel mercato interno.

 

Nel disciplinare le professioni, gli stati membri dovranno valutare se le regole nuove o modificate siano giustificate da obiettivi di interesse pubblico.

 

Dopo essere stata firmata dal presidente del Parlamento europeo e dal presidente del Consiglio, la direttiva sarà pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Ue.

 

Malgrado infatti gli atti fin qui adottati (primo tra tutti la direttiva 2013/55 sul riconoscimento delle qualifiche professionali, che ha modificato la precedente 2005/36) e gli interventi continui della Corte di Giustizia Europea, continuano a esistere diversi ostacoli giuridici frapposti dai singoli Stati membri al libero esercizio delle attività professionali, con conseguenze negative sulla libera circolazione, il diritto di stabilimento e la libera prestazione dei servizi.

 

Accanto alle barriere già in essere - che in prospettiva si cercherà, se non di eliminare, quanto meno di ridurre – la nuova direttiva si propone di evitare l’adozione di ulteriori regolamentazioni interne che possano distorcere la concorrenza bloccando la circolazione dei professionisti sul territorio comunitario.

 

La Direttiva obbligherà i singoli Stati membri ad effettuare un “test di proporzionalità” prima dell’adozione di qualsiasi nuova regolamentazione delle professioni.

 

Secondo infatti il “principio di proporzionalità” – previsto dall’articolo 5 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea - l’azione delle istituzioni comunitarie deve limitarsi a quanto è strettamente necessario per raggiungere gli obiettivi fissati dai trattati.

 

Non si tratta di un tentativo di armonizzare le varie discipline delle professioni, che restano una prerogativa nazionale: vengono però introdotti criteri comuni e obbligatori per valutarne l’impatto distorsivo potenziale sul mercato unico.

 

Quindi la normativa esistente non cambierà, ma prima di inserire nuove regole o di modificare quelle già esistenti ciascun Paese dovrà verificare il rispetto di alcuni standard uguali per tutti, per evitare norme non necessarie, oneri ingiustificati di accesso ed eventuali discriminazioni sulla base della nazionalità, che ancora imbrigliano la libertà dei professionisti a esercitare l’attività in un altro Paese.

 

La direttiva avrà dunque un impatto significativo in caso di modifica delle regole di accesso alle oltre 6.000 professioni regolamentate che riguardano in media un occupato su cinque. Si va dalle 76 della Lituana alle oltre 500 della Bulgaria (in Italia sono 181) secondo la banca dati della Commissione UE che raccoglie le informazioni aggiornate periodicamente dai Paesi membri sulle professioni a cui si accede con il possesso di qualifiche specifiche o mediante l’iscrizione agli Albi: dagli attuari agli zootecnici, passando per i commercialisti, gli avvocati e gli estetisti.

 

Dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale Europea, la “palla” passerà ai governi che dovranno recepire le nuove norme nella legislazione nazionale entro due anni.